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La figura di Ai Weiwei, oltre ad essere estremamente controversa, è indiscutibilmente complessa e ciò si riflette nella sua arte. C’è però una tematica che rappresenta un filo conduttore, se non quasi un’ossessione, della sua produzione artistica nonché etico-politica: la Cina. Alla madrepatria, declinata in diversi aspetti, è dedicata la maggioranza delle sue opere. In questo articolo vorrei ripercorrere la vita di Ai fino ad oggi attraverso le opere cardine del suo lavoro. L’infanzia Ai Weiwei nacque a Pechino, ma a causa della dissidenza politica del padre (il poeta Ai Qing) l’intera famiglia fu prima mandata in un campo di lavoro e successivamente in esilio fino alla morte di Mao, quando ebbero la possibilità di tornare nella capitale. Nel 2010 nella “Turbine hall” della Tate Modern Ai espone “Sunflower seeds”, un’opera che può far intuire la percezione che l’artista ha della Cina, soprattutto quella dell’epoca. Si tratta di un tappeto spesso dieci centimetri di oltre cento milioni di semi di girasole di porcellana, fatti singolarmente a mano dall’ex fornace imperiale di Jingdezhen. I semi di girasole erano tipici della propaganda del partito comunista cinese quando Ai era bambino: Mao Zedong era presentato come il sole e il popolo cinese come semi sui girasoli. Inoltre, questi fiori sono tipici dell’alimentazione anche nelle famiglie più povere della Cina e vengono quindi percepiti come un segno di ottimismo nei tempi difficili. Questa immensa distesa vuole simboleggiare la Cina, ogni seme è unico ma al contempo è immediatamente disperso in mezzo alla miriade a simboleggiare il conformismo e la censura da parte del partito. L’opera vuole essere anche una provocazione allo sguardo occidentale sul concetto stesso di “Made in China”, considerando come l’opera è stata prodotta, e vuole istigare lo spettatore a riflettere sulla propria società consumistica. I primi anni di studi, gli USA e il ritorno in patria A Pechino Ai cominciò a studiare animazione e nello stesso periodo fu tra i membri fondatori del gruppo artistico “Stars”, definita la prima avanguardia in Cina dopo la Rivoluzione Culturale. Nel ’79 il gruppo organizzò una mostra all’interno di un parco dopo che gli era stato negato l’uso di spazi pubblici appositi, ma l’esposizione fu bloccata dalle forze dell’ordine poco tempo dopo. Il gruppo ebbe vita molto breve specialmente per via della fuga verso l’estero di diversi membri a causa dell’oppressione politica. “Stars”, pressoché sconosciuto in Occidente, è ritenuto una pietra miliare dello sviluppo dell’arte contemporanea in Cina. Già nell’81 Ai Weiwei si trasferì negli Stati Uniti dove, tra miriadi di improbabili lavori, cambiò diversi college e scuole d’arte. Durante il periodo in cui visse a New York divenne amico di Allen Ginsberg – che durante un viaggio in Cina aveva conosciuto suo padre - e scoprì l’arte contemporanea americana. Una volta tornato in Cina, ispirato dall’arte dei minimalisti (come Judd o Sol Le Witt), ha iniziato a produrre una serie di cubi in materiali tradizionali dell’arte cinese (té, ceramica, marmo, ebano, giada...) che rappresentano uno dei primi passi nella sua indagine del rapporto tra Cina e Occidente. Una sorta di sintesi tra minimalismo e antiche tradizioni che, alla fine dei conti, permette alle seconde non solo di predominare, ma di essere le totali protagoniste dell’opera. Nel ’93 Ai fu tra i grandi promotori di una nuova generazione di artisti cinesi formatisi completamente post-Rivoluzione culturale, nonchè tra i fondatori del Beijing East Village il primo distretto artistico contemporaneo del paese. Nel 2000, in parallelo alla Terza Biennale di Shanghai, espose diverse immagini della serie “Fuck off” nell’omonima mostra di cui fu anche co-curatore assieme a Feng Boyi. Dopo meno di dieci giorni dall’apertura buona parte delle opere esposte furono rimosse per ordine della polizia perché considerata inappropriata e i cataloghi furono confiscati. Il caso del Sichuan Il 12 maggio 2008 un terremoto colpì la regione cinese del Sichuan, una catastrofe mostruosa che causò quasi 70.000 morti. Questo disastroso evento è stato indagato da Ai Weiwei in moltissime opere, a cominciare dai due documentari “Little Girl’s Cheeks” e “4851”. Entrambi i film proiettano lo spettatore all’interno dell’inchiesta portata avanti da Ai e da diversi volontari, dalla quale emerse che tra le vittime vi erano oltre 5000 studenti morti a causa degli edifici scolastici non sicuri, in Cina definiti “tofu-dreg buildings”; le vittime non furono riconosciute dallo stato fino all’autunno 2009. A questi documentari seguì “Straight”, 150 tonnellate di pali di acciaio recuperati tra le macerie che avrebbero dovuto tenere insieme le scuole del Sichuan e che sono stati raddrizzati ed esposti sotto forma di installazione. I pali sono disposti in modo da ricalcare le linee di faglia che causano i terremoti (e sopra alle quali erano state costruite le scuole), e in parallelo rimanda visivamente ai tipici grafici della scala Richter. Si tratta di pali di acciaio estremamente lunghi ed ingombranti, motivo per il quale, quando esposta, questa installazione richiede sale molto grandi e le riempie quasi completamente, impattando lo spettatore con la pesantezza e il dolore della storia che vuole trasmettere. Nel 2010 Ai Weiwei tornò su questo evento con un quarto lavoro, ”Remembrance”, un’opera sonora partita da una sua campagna su Twitter a cui oltre 3000 persone hanno partecipato recitando i nomi delle 5.205 giovani vittime per un totale di oltre 3 ore di registrazioni. Nel 2011 l’ultimo lavoro sull’argomento in un video di poco meno di un’ora dal titolo “So sorry” che racconta le indagini dell’artista e delle conseguenze che esse hanno avuto sulla sua vita privata, in particolare al caso di pestaggio subito da parte di agenti di polizia, al seguito del quale è stato operato d’urgenza per emorragia cerebrale. È l’inizio dei problemi di Ai Weiwei con le forze di polizia e la sorveglianza da parte del governo cinese. L’arresto Nel 2011 venne arrestato con l’accusa di evasione fiscale e imprigionato per 81 giorni. L’intero corso di questo periodo è narrato dallo stesso Ai Weiwei nel video “Ai Weiwei's Appeal ¥15,220,910.50”, dall’arresto al processo nel settembre 2012; il titolo fa riferimento alle donazioni ricevute per sostenere le azioni legali e la richiesta di risarcimento per l’apparente evasione fiscale (oltre 1,5 milioni di euro). Il tema del controllo da parte del governo, da sempre fondamentale per Ai, assume da questo momento un valore universale: l’artista di recente ha dedicato all’argomento un’installazione interattiva alla Park Avenue Armory chiamata “Hansel & Gretel” in collaborazione con Herzog e de Meuron (architetti con i quali ha lavorato anche alla progettazione di diverse strutture e abitazioni). Si tratta di una sorta di parco giochi distopico che vuole ricordarci a quanto della nostra privacy siamo disposti a rinunciare per l’intrattenimento. Il visitatore è immerso in un’atmosfera scura e pacifica, quasi intima, ma nell’istante in cui mette piede nell’opera è costantemente monitorato dall’alto da 56 computer dotati di telecamere che proiettano le immagini riprese sul pavimento, circondate da quadrati rossi. Non appena ci si muove, si lascia un’impronta digitale che ci segue. Tuttavia la maggior parte dei visitatori, anziché essere inquietata dal fenomeno, ne è divertita e spesso tira fuori il proprio telefono per documentare il tutto, sottolineando inconsciamente come al contempo si sia vittime e perpetratori di questo fenomeno. Nei quattro anni di arresti domiciliari Ai ha prodotto materiale artistico in modo continuativo per esorcizzare e al contempo raccontare la propria detenzione. L’esperienza è immortalata nell’opera “S.A.C.R.E.D.”, che debutta a Venezia nel 2013 presso la chiesa sant’Antonin con 6 diorami meticolosamente dettagliati che raccontano la sua routine quotidiana durante la detenzione. Il tutto è in scala 2:3 per rendere il senso di claustrofobia provata durante la detenzione, anche a causa della perenne presenza di almeno due guardie con lui. Lo spettatore può osservare il tutto da piccole finestrelle poste nella parte alta dei diorami, creando così un effetto a dir poco voyeuristico. La produzione di quest’opera è raccontata all’interno del documentario del regista Andreas Johnsen “The fake case”, che ripercorre tutta la vicenda dell’arresto fino al 2013. La demolizione dello studio Nel 2011 il governo di Shanghai dichiarò lo studio di Ai Weiwei una costruzione illegale (dopo esser stato esso stesso ad invitarlo a costruirne uno nel 2008) ed emanò l’ordine di demolizione mentre Ai si trovava agli arresti domiciliari. L’artista rispose organizzando una cena/performance, documentata nel suo video “The Crab House” in cui, attraverso un invito pubblico su internet, offrì un banchetto a base di granchi di fiume a tutti coloro che si presentarono presso lo studio. Gli oltre 800 partecipanti mangiarono i granchi di fiume, in cinese “he xie”, parola dal suono simile a quello di “armonia” (slogan del governo cinese) e “censura” (nello slang del mondo di internet cinese). Nel 2011, in ricordo dell’evento, Ai realizzò assieme ad operai specializzati oltre 3000 granchi di porcellana, presentati in Italia presso la mostra di Palazzo Strozzi assieme ad un’altra opera che ricorda questo momento: “Souvenir from Shangai”, in cui parziali macerie del suo studio sono poste a incorniciare il telaio di un letto della dinastia Qing. Le macerie sono ordinatamente organizzate in modo da creare uno spazio geometrico pieno; la struttura ha una forma quasi architettonica che vuole dare a ciò che rimane del suo studio tutta la dignità che gli spetta. Il 2020 e il Coronavirus In quest’ultimo anno, tra il coronavirus e le proteste ad Hong Kong, Ai ha prodotto due diversi documentari: “CoroNation”, una narrazione di Wuhan durante i primi mesi della pandemia che ha diretto a distanza, e “Cockroach”, un documentario dedicato alle proteste contro il governo cinese ad Hong Kong nel 2019. In entrambi i casi il tutto è stato immortalato in parte da crew cinematografiche assunte da Ai e in parte da volontari (spesso filmando segretamente da telefoni cellulari) per un totale di centinaia di ore di video che sono state successivamente selezionate. Ai Weiwei dopo la restituzione del proprio passaporto ha scelto di lasciare la Cina e non vi ha mai più fatto ritorno, vive prevalentemente in Europa ma viaggia per tutto il mondo senza mai mettere piede nella madrepatria. L’attenzione per la terra natia, le sue tradizioni e soprattutto le sue problematiche sono talmente intrinseche nella sua poetica da permeare ogni sua opera. Per approfondimenti:
Sunflower seeds: www.aiweiweiseeds.com The Stars: https://www.doors-agency.com/stars-1979-2019-pioneers-of-contemporary-art-in-china/0wxil82ra2tyf86mx3gwwsgntmpk4j Remembrance: https://www.youtube.com/watch?v=zuT0nfh2OpE So Sorry: https://www.youtube.com/watch?v=MrL8WlHplqo Ai Weiwei's Appeal ¥15,220,910.50: https://www.youtube.com/watch?v=BVQzrteear8 Palazzo Strozzi, “Ai Weiwei Libero”: https://www.raicultura.it/arte/articoli/2018/12/Ai-Weiwei-libero-Un-documentario-9a3d1052-c6f2-4639-ae51-9105f5674598.html The Crab House: https://www.youtube.com/watch?v=bWFY0WR7UPw - Clara Stavro
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