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Art Toys. Giocattoli senza scopo

12/5/2020

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Giocàttolo s. m. [der. di giocare]. – Qualsiasi oggetto o prodotto, artigiano o industriale, che serve al gioco e al divertimento dei bambini: fabbrica, negozio, esposizione di giocattoli; fiera del g.; l’industria dei giocattoli.
A cosa pensereste se vi chiedessi di immaginare il vostro divertimento preferito d’infanzia? tenerlo a mente sarà utile per seguire il filo del discorso. In questo articolo ci occuperemo di una tipologia particolare di giocattoli, ossia quelli che vengono denominati, secondo un termine di settore, Art o Design Toys, e vedremo come nel corso del tempo il significato della parola abbia subito dei mutamenti, in relazione ai cambiamenti della Storia dell’Arte. 
I giocattoli hanno un ruolo fondamentale nella la crescita de* bambin*, principalmente per i loro aspetti ludici e formativi. L’ambito qui indagato è quello strettamente legato alla Storia dell’Arte, di cui si confronteranno i prodotti del passato prossimo con quelli della contemporaneità, portandone a galla le diversità. Vi sono differenze di un certo spessore fra i giocattoli ‘d’autore’ e quelli che si trovano solitamente in commercio e molte sono le considerazioni che ne nascono. Durante il corso della Storia dell’Arte indichiamo come uno dei periodi più prolifici per questa produzione quello delle avanguardie storiche; la motivazione di questo interesse è facilmente riconducibile alle caratteristiche ad esse intrinseche. Le avanguardie, come il termine suggerisce, furono tra i primi movimenti a conquistare svariati ambiti artistici, tra i quali il design, il teatro e le arti così dette “minori”, tanto che per alcune di esse si utilizza il termine “totalizzanti”; fra queste, in prima linea, troviamo il Futurismo. Si collocano qui, o meglio nel Secondo Futurismo, le due personalità su cui ci soffermeremo: Bruno Munari (1907-1998) e Fortunato Depero (1892-1960). La scelta, in ogni caso, sarebbe potuta ricadere su moltissimi altri artisti internazionali che seguirono la stessa scia, da Picasso a Klee, da Calder a Piet Marée o Mathias Goeritz, le cui carriere presentano numerose analogie con il percorso di Munari.
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Fortunato Depero, Cavallo a Dondolo, XX sec., Legno e metallo
Fortunato Depero, personaggio eclettico e interessantissimo per la sua produzione, che spazia dai dipinti all’arredamento (si veda la Casa d’Arte Futurista Depero, parte del Mart), passando per la grafica pubblicitaria, è uno dei fondatori del cosiddetto Teatro Futurista dei Complessi Plastici, popolato da piccoli automi, quasi precursori degli odierni robot. Depero è inoltre uno dei firmatari del manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo (1915) all’interno del quale si dedica chiaramente una parte al Giocattolo Futurista:
Per mezzo di complessi plastici noi costruiremo dei giocattoli che abitueranno il bambino:
1) A ridere apertissimamente (per effetto di trucchi esageratamente buffi);

2) All’elasticità massima (senza ricorrere a lanci di proiettili, frustate, punture improvvise, ecc.);

3) Allo slancio immaginativo (mediante giocattoli fantastici da vedere con lenti; cassettine da aprirsi di notte, da cui scoppieranno meraviglie pirotecniche; congegni in trasformazione ecc.)
4) A tendere infinitamente e ad agilizzare la sensibilità (nel dominio sconfinato dei rumori, odori, colori, più intensi, più acuti, più eccitanti);    

5) Al coraggio fisico, alla lotta e alla GUERRA (mediante giocattoli enormi che agiranno all'aperto, pericolosi, aggressivi).


Balla, Depero; Manifesto per la Ricostruzione futurista dell’universo; Milano, 11 marzo 1915.
Foto
Balla, Depero, Manifesto per la Ricostruzione Futurista dell'Universo, 1915
L’intento è chiaro, programmatico, il giocattolo futurista è, sia un oggetto artistico, che un oggetto necessario per lo sviluppo dei bambini, insomma, qualcosa di imprescindibile per una riforma futurista dell’universo. Per ovvie ragioni storiche i riferimenti alla guerra all’interno del Manifesto sono evidenti, ma, più importante, ai fini di questo scritto, è l’ultimo punto, che risulta essere una dichiarazione di interesse dei futuristi nei confronti della società a loro contemporanea, ossia, quella della discesa in campo dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. 
Selvaggetto (1919) o Scimmia (1918) sono due esempi di manufatti realizzati da Depero, definiti “marionette”, in quanto utilizzati all’interno di veri e propri spettacoli, i cosiddetti Balli Plastici. La maggior parte di questi manufatti, rappresentanti forme antropomorfe e zoomorfe, sono oggetti composti da blocchi di materiali che potremmo definire “poveri”, come il legno e, in alcuni casi, il metallo, e decorati con colori molto accesi. Queste opere sono apertamente create e pensate per il bambino e per la sua crescita, ma non solo: «Il giocattolo futurista sarà utilissimo anche all'adulto, poiché lo manterrà giovane, agile, festante, disinvolto, pronto a tutto, instancabile, istintivo e intuitivo». Si presenta in questo modo un altro elemento fondamentale: la figura dell’adulto-genitore.
    Siamo portati, in modo quasi istintivo, a credere che le pubblicità, anche odierne, relative ai prodotti a scopo ludico, debbano attirare esclusivamente l’attenzione del* bambin*, che, quindi, identifichiamo come destinatario del messaggio, ma non è propriamente così. In realtà queste campagne pubblicitarie sono indirizzate al genitore, l’adulto, che, identificato dalla società come il vero potenziale acquirente, dovrà essere convinto e rassicurato così da poter soddisfare le volontà de* figli*. Se attirare l’attenzione di un bambino risulta essere una semplice operazione, convincere il genitore a spendere del denaro per un prodotto, è ben più difficile. 

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Bruno Munari, Meo Romeo, Gommapiuma armata, 1949, Munari per Pigomma Pirelli ©
Analizzando ora la produzione di Bruno Munari, protagonista indiscusso della grafica e del design italiano del ‘900, riusciremo a tirare le somme del nostro discorso. All’inizio della sua carriera Munari si sintonizza con l’esperienza del Secondo Futurismo, traendo ispirazione dai suoi predecessori “veterani d’avanguardia” e accostandosi in particolare alle esperienze grafiche sperimentali come, neanche a dirsi, il Libro Imbullonato (1927) di Fortunato Depero. Dall’avanguardia l’artista milanese estrapolò l’approccio sperimentale nei confronti delle forme e dei materiali, l’impeto totalizzante che lo spinse verso la grafica e il design e lo spirito giocoso per cui tutt’oggi lo ricordiamo. I primi giocattoli firmati Munari, come Meo Romeo (1949) e la Scimmietta Zizì (1954), sono collocabili negli anni ’50, e furono realizzati per la sezione educativa della Pirelli, la Pigomma-Pirelli. Questi due giocattoli sono di fattura straordinaria per l’epoca in cui furono realizzati; non si può non notare la portata sperimentale dei materiali utilizzati, ossia la gommapiuma armata e il nylon (materiale innovativo commercializzato solo negli anni ’40) come anche l’attenzione per la resa al tatto e alla vista. Queste opere d’arte (come altro definirle?), aggiunte alla stabile collaborazione con la Corraini Edizioni per i volumi per l’infanzia (e non solo), dimostrano l’interesse primario, da parte di Munari per la formazione dei bambini. I giocattoli d’avanguardia (o comunque prodotti sulla scia di principi ideali legati a essa), nati con lo scopo di essere utilizzati, sfruttati, usurati, risultano essere oggetti sperimentali, fantasiosi, appariscenti e soprattutto, erano, all’epoca, acquistabili ad un prezzo modico. 
Queste osservazioni sono fondamentali per approcciarsi a gli Art Toys contemporanei.
Il sito Dope Gallery propone in vendita una vastissima collezione di quelle che vengono definite, nel menù a tendina, come «Sculptures and Toys» di artisti del calibro di Takashi Murakami, Yoshimoto Nara, Kaws, Yayoi Kusama e Jeff Koons; evidentemente i due termini vengono accostati in modo indistinto e indiscriminato, senza alcun distinguo fra i loro risvolti semantici. Ipotizzando che questa scelta non sia casuale, dovremmo quindi desumere che i prodotti offerti debbano essere considerati sia sculture che giocattoli, un po’ come se ci dessero una Pietà Rondanini da colorare con i pennarelli. La situazione (fortunatamente) è più complessa, ma comunque carica di paradossi e contraddizioni, cosa che non abbiamo riscontrato nel caso dei giocattoli prodotti dall’avanguardia futurista.
Per descrivere il moderno Art Toy potremmo affidarci a una formula matematica, precisamente a una semplice addizione. In questa operazione il primo degli addendi è Marcel Duchamp, giocatore di scacchi visionario, rivoluzionò il mondo dell’arte occidentale con la sua produzione, caratterizzata, inoltre, dall’introduzione del concetto di “macchina celibe” e la presentazione dell’onanismo estetico intrinseco alle opere d’arte. Duchamp fu il primo ad affrontare il concetto di autoerotismo sublimandolo in opere composte da macchinari letteralmente inutili, concepiti per non avere alcun scopo (es. La macinatrice di cioccolato), oppure nella produzione di ready made. 
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Dope! Gallery, Website, screenshot, 2020
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Marcel Duchamp, Broyeuse de chocolat II, 1914
Il secondo addendo è Jeff Koons, ex marito di Cicciolina (è sempre un piacere ricordarlo), artista vivente fra i più quotati nel mercato internazionale, che ricompone nelle sue opere un animo concettuale e uno infantile, ludico, da cui nasce la serie degli Inflatables come Inflatable Flower and Bunny del 1979; l’opera risulta essere un ready made realizzato posizionando su due specchi un coniglietto e un fiore gonfiabili, come potremmo comunemente trovarne al supermercato. Questa opera, una delle prime realizzate dall’artista, il cui setting venne successivamente sviluppato nella serie Balloon, ci parla un linguaggio primordiale, innocente e infantile, ha le caratteristiche di un giocattolo ma per un pubblico adulto, molto probabilmente colto. Servendoci di questa produzione di Koons possiamo comprendere la vera natura degli Art Toys contemporanei. 
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Jeff Koons, Inflatable Flower and Bunny (Tall White, Pink Bunny), 1979 Vinyl, mirrors 81.3 x 63.5 x 48.3 cm The Broad Art Foundation, Santa Monica © Jeff Koons
L’ultimo addendo è la sempre più ampia presenza di opere grafiche e scultoree prodotte in maniera seriale; nel mondo dell’arte il concetto di unicità è stato per lunghissimo tempo imprescindibile e indiscusso. Questa tendenza potremmo ricondurla a numerosi fattori, tra i quali la proliferazione di nuovi media utilizzati dagli artisti, il mercato dell’arte che richiede prodotti per collezionisti e la conseguente tendenza ad avvicinarsi ad un modus operandi più simile a quello di un produttore estetico o di un designer, piuttosto che a quello di “artista” secondo una definizione da manuale.
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Dope! Gallery, KAWS, Astro Boy, screenshot 2020-04-17
Venendo al dunque, i giocattoli d’avanguardia ben poco hanno a che fare con i contemporanei Art Toys, ad esempio: un Astro Boy di Kaws in edizione limitata a 500 esemplari, in vinile dipinto (materiale solitamente utilizzato per questi prodotti), venduto alla cifra di 6.490,00 $, ha ben poco della definizione di ‘gioco’ che abbiamo letto all’inizio e, immagino, non si avvicini molto al vostro ricordo di un divertimento d’infanzia; il prodotto di Kaws è, evidentemente, molto più vicino invece alle cosiddette “action figures” che fanno parte, però, del mondo del collezionismo. Gli Art Toys sono, quindi, molto simili agli oggetti patinati esibiti come soprammobili, e molto hanno in comune con il concetto del “desiderare ma non toccare” che ci investirebbe se ci trovassimo di fronte ad un Balloon Dog, di 307,3 x 363,2 x 114,3 cm, firmato Jeff Koons. 
I moderni Art Toys sono sostanzialmente delle “macchine celibi”, degli oggetti puramente estetici, fini a se stessi, per adulti collezionisti appagati dall’acquisto di sculture d’artista; nulla di male sia chiaro, ma troviamogli un nome adeguato. 
​

- Elisabetta Dal Ben
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