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Cosa ci comunica un colore? la palette esasperata nelle fotografie di David LaChapelle

2/11/2020

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​L’inestricabile relazione psicologica tra i colori e le emozioni è, nel XXI secolo, un assunto indiscutibile, tanto che, negli ultimi settant’anni, i test scientifico-psicologici che permettono di analizzare lo stato psicofisico di un individuo a partire dalla scelta di un determinato colore sono raddoppiati, calpestando le orme del primo di essi, inventato dallo psicologo svizzero Max Luscher nel 1947.
È ormai scientificamente provato, infatti, che il colore è un potente mezzo comunicativo in quanto stimola la parte limbica del cervello mediante le onde elettromagnetiche, prodotte attraverso gli occhi. La corteccia limbica del cervello umano, situata nel lobo temporale mediano, funziona come una via di collegamento per le informazioni tra le diverse strutture celebrali e, tra i suoi numerosi compiti, è anche responsabile di una serie di connessioni che producono le emozioni, l'umore e il senso di autocoscienza. Ragione per cui è impossibile analizzare e studiare i colori con un approccio esclusivamente scientifico di tipo elettromagnetico, ma l’analisi dei colori deve necessariamente coesistere con l’ambito estetico e psicologico di cui risente, seppur involontariamente.
Il primo a sostenere questo assunto fu Johann Wolfgang Goethe nella sua Teoria dei colori del 1810 (Zur Farbenlehre), seguito un secolo dopo dall’artista russo Vasilij Kandinskij. Quest’ultimo, ne Lo spirituale dell’artedel 1909, promosse un’innovativa visione dei colori, sostenendo che la vera forza psichica di essi si generi dal connubio di aspetto fisico e superficiale e di aspetto emotivo e profondo.
Proprio Kandinskij, infatti, affermò che i colori costituiscono per l’artista l’equivalente dei tasti di un pianoforte. 
La consapevolezza che l’utilizzo dei colori possa suggerire e invogliare delle scelte anche in ambito commerciale è argomento dibattutissimo nel mondo del marketing e della pubblicità contemporanea, dove la forza dirompente della comunicazione è l’obiettivo perseguito se si vuole avere la certezza che una campagna pubblicitaria sia riuscita e non sia fallimentare, e diventi il più remunerativa possibile. Scegliere la giusta tonalità di un colore, il contrasto tra due toni o l’intensità di uno sfondo sono indubbiamente argomenti in comune tra il battage e l’arte, disciplina in cui da sempre la sapiente scelta di un colore piuttosto che di un altro ha reso gli artisti inimitabili e distinguibili nonostante il passare dei secoli.
Il cromatismo si è fatto protagonista in molti snodi della storia dell’arte, specie con l’avvento dell’Astrattismo nei primi anni del XX secolo, quando, venendo a mancare un’iconografia assimilabile al reale, si originò una composizione proprio dall’esclusiva vicinanza dei colori, esistente in modo indipendente dalle referenze visuali del mondo concreto. 
Foto
Vasilij Kandinskij, Fugue, 1914, Fondazione Beyeler
Emblematiche, a tal proposito, divennero tutte quelle opere d’arte in cui il colore ingloba il supporto pittorico o scultoreo per diventare esso stesso univoca fonte di comunicazione, soggetto e messaggio, dunque opera d’arte ultima: ne sono un esempio le svariate opere di Malevič - Quadrato nero del 1915, Quadrato rosso del 1915 - o di Piet Mondrian - Composizione con rosso, giallo e blu del 1935-1942, Composizione con giallo, blu e rosso del 1942 - o ancora l’infinita serie di opere pittoriche e scultoree monocrome, dipinte da Yves Klein con un blu oltremare molto intenso da lui stesso brevettato nel 1960 presso l’Institut national de la propriété industrielle (INPI) di Parigi, con il nome di International Klein Blue (IKB).
Foto
Yves Klein, L'Esclave de Michel-Ange, 1962
Tutti coloro che lavorano attualmente, o in passato hanno lavorato, con i colori hanno la necessità di sapere quindi l’effetto prodotto da essi sulla psiche umana, per comprendere fino in fondo quale messaggio stanno veicolando.
In uno studio condotto da Eva Heller nel 2004, vennero consultate 2.000 persone tedesche di ceto sociale e professione differenti, tra i 14 e i 97 anni, stabilendo in conclusione delle profonde e ricorrenti connessioni tra cròmo e 160 diversi sentimenti o impressioni. Questa indagine ebbe come scopo finale quello di mostrare come in nessun caso i colori e i sentimenti si combinino in forma accidentale, ma lo facciano sempre in sintonia con associazioni di gusto tra le varie esperienze universali profondamente radicate dall’infanzia nel nostro linguaggio e nella nostra forma mentale soggettiva. 
Proprio la vicenda biografica fu il fattore determinante nel drastico cambio riguardo l’uso del colore nella produzione artistica di David LaChapelle.
Fotografo tra i più iconici del nostro secolo, David LaChapelle nasce e cresce in Connecticut fino all’età di 17 anni, quando dopo aver frequentato la North Carolina School of Arts, si trasferisce a New York nel 1980 e inizia a lavorare per Andy Warhol nel celeberrimo Interview Magazine, fondato nel 1969 da Warhol e dal giornalista inglese John Wilcock. A partire da quel momento, una carriera inarrestabile ha fatto di LaChapelle la punta di diamante di importanti e internazionali gallerie e musei, tra cui National Portrait Gallery, Barbican Centre, Victoria and Albert Museum di Londra, Monnaie, Musee D’Orsay di Parigi, Tel Aviv Museum of Art di Tel Aviv, Groninger Museum di Groninga, Palazzo delle Esposizioni di Roma, The U.S. National Portrait Gallery di Washington ecc.
Nonostante il suo avvio di carriera fu mediante la pittura e abbia poi intrapreso anche la via della musica e del cinema come regista, a rendere assolutamente inconfondibile il suo stile personale sono le sue iconiche fotografie, in cui predomina su ogni altra caratteristica, la padronanza del colore. Accostandosi però con armonia, prende vita una narrazione fantasiosa che proprio mediante un massiccio e consapevole uso del colore, riesce a discostarsi dal mondo del quotidiano per adagiarsi con curiosità tra le sensazioni suscitate, in modo quasi onirico.
Quello che David LaChapelle propone difatti, è un mondo nuovo, che fugge dai dogmi e dalle regole del secolo in cui viviamo sotto molteplici aspetti: sociale e culturale in primis, ma anche religioso ed estetico.
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Foto
David LaChapelle, Brentwood, 2019
​È sconfinata la lista delle celebrità che questo fotografo ha aggiunto alla sua sezione fotografica Portraits, tutte ritratte in visioni ultraterrene generate da esplosioni di colori. L’intensa gamma cromatica aiuta i soggetti delle fotografie, definiti da David come 'muse ispiratrici' a convertirsi in silhouette trascendenti dal mondo calpestabile, per ricomporsi in un qualcosa di totalmente nuovo nella mente dello spettatore, in cui quegli stessi volti famosi e noti alla maggioranza (tra i più conosciuti sicuramente Courtney Love, Pamela Anderson, Angelina Jolie, Madonna, Benicio del Toro, Tupac Shakur, Elizabeth Taylor, Carmen Electra, River Phoenix, Michael Jackson, Aaliyah, Uma Thurman, Shirley Manson, David Duchovny, Rose McGowan, Lindsay Lohan, Lady Gaga, Nicki Minaj, Rihanna, Hillary Clinton, Lance Armstrong, David Beckham ecc) diventano volti prestati ad un messaggio estetico altro, che perde i connotati della comprensibilità e della comunicazione praticata quotidianamente.
Foto
Nicki Minaj with child, David LaChapelle, 2020
Sono i colori intensi, brillanti, irreali ed esagerati a consentire questo processo. Un percorso al principio straniante, in cui la prima reazione dello spettatore è un distacco e un allontanamento (fisico e mentale) da queste fotografie, motivato dalla difficolta della comprensione immediata. In seguito, però, la narrazione ingloba le emozioni suscitate e quest’ultime si lasciano avviluppare, diventando parte integrante di una narrazione caotica, ma al tempo stesso ordinata.
Foto
David LaChapelle, Rebirth of Venus, 2011
Difficile da immaginare e quasi impossibile da accettare, dopo aver apprezzato quest’ondata di iperrealismo pop post-moderno e ultra-colorato, il fatto che la produzione fotografica di questo artista americano iniziò totalmente priva di colore, in bianco e nero.
Oggi il colore è assunto a punto di snodo cruciale sia per veicolare un messaggio di critica ai dogmi della società, e sia per fuggire da un mondo già rigidamente codificato e predefinito nel tentativo di creare un proprio personale emisfero magico.
L’eccesso del colore aiuta quest’artista a riflettere sull’infinita riproducibilità dell’immagine, per avvicinarsi a tematiche come il fashion e il merchandising, ma mostrando come l’esasperato realismo e la onnipresente mercificazione, veicolate da corpi noti a molti nel mondo del gossip, si convertano in personaggi onirici se collocati all’interno di paesaggi esageratamente brillanti. Paesaggi solo vagamente assimilabili a emisferi conosciuti proprio perché così tanto cromaticamente esasperati da apparire innaturali. 
La presenza delle celebrità aiuta proprio la denuncia delle ossessioni contemporanee, in relazione principalmente al rapporto con il piacere, col benessere, con il superfluo e con una sfrenata esigenza di apparire. Il nudo sfacciato e aggressivo, o un sapiente seminudo solo parzialmente celato, emerge proprio grazie alle tinte elettriche e laccate che differenziano i suoi lavori.
È il colore quindi l’arma vincente di David LaChapelle per creare un proprio stile rivoluzionario: ma se lo relazioniamo al nostro vissuto personale e alle differenti emozioni che in ognuno di noi suscita, quale reazione ci provoca questo suo uso ostentato del colore? 

- Jasmine Casella
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