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Arte

Keith Haring tra storia, cristianesimo e violenza razziale

2/9/2020

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Una breve analisi di tre celebri opere ispirate dal passato e da un presente violento

Non solo un artista, ma anche un attivista impegnato nelle cause che purtroppo ancora oggi stiamo cercando di estirpare: razzismo, omofobia e violenza. Magari il nome passa in secondo piano nel momento in cui vediamo un suo lavoro, fatichiamo a comprendere se sia un’opera d’arte, un disegno oppure un graffito…” Vandalo, scrive sui muri! “. 
Siamo abituati a vedere i suoi omini, li possiamo troviamo sui poster, sulle magliette, su ogni tipo di oggetto…è POP d’altronde, così POP che molto riconoscono i disegni più per memoria visiva che per conoscenza dell’artista in sé, il classico esempio di ciò che diceva Walter Benjamin nel suo saggio “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”. Oggi però non ho intenzione di fare un introspettiva psicologica sulla figura di Keith, bensì di come la storia dell’arte possa averlo influenzato. Sia chiaro, non è una novità, anche in passato gli artisti passavano anni in viaggi per vedere personalmente le opere dei grandi maestri, ma Keith ha il merito di aver dato a determinate iconografie una nuova linfa vitale, con disegni, spesso molto semplici, che possono essere compresi anche da chi non ha l’occhio allenato.
Per capire questo artista, è necessario aver presente una sua frase pronunciata nel giugno del 1987:
”Ogni nuova creazione diventa parte di una interpretazione/definizione della “cosa” che verrà dopo e allo stesso tempo diventa la somma delle cose che l’hanno preceduta. Questo flusso viene registrato nel tempo dagli eventi e all’interno degli eventi dalle “cose” che popolano, definiscono e compongono gli stessi.”
Iniziando dall’antichità troviamo la Lupa Capitolina; a primo impatto la differenza tra le due versioni è lapalissiana. L’originale è una scultura mentre la versione contemporanea è un inchiostro Sumi su carta, viene meno quindi l’idea monumentale che il volume porta ad un soggetto, mutandone così anche il significato. Il lupo è visto come un animale che si pone tra la vita e la morte, tra l’uomo e la natura. Per noi italiani la figura della Lupa rappresenta la nascita di Roma acquisendo così un connotato materno e generatore di vita, assume il ruolo di madre del mondo rendendola a tutti gli effetti un animale totemico. Nell’opera di Keith i due gemelli si confondono col fondo dell’opera spingendo quindi in rilievo, sia visivo, che di rilevanza semantica la figura della Lupa ritagliata su uno sfondo rosso, simboleggiante secondo il mondo primitivo, la fecondità. Non a caso, come in quasi tutte le opere di Keith il concetto di primitivismo è essenziale, soprattutto nella rappresentazione di soggetti messi di profilo e privi quindi di una qualsiasi forma volumetrica.
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Lupa Capitolina, XII-XIII (lupa) e fine XV secolo (gemelli), bronzo, Musei Capitolini
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Keith Haring - Untitled, 1982 - inchiostro Suoi su carta - Collezione Privata
Andando avanti coi secoli ci troviamo  in un epoca tardomedievale / moderna. Un iconografia che Keith ha ripreso è quella di San Sebastiano. Il motivo può non è comprensibile a tutti, ma è doveroso precisare le ragioni che stanno alla base di questo riferimento Sacro. Come detto prima, non tutti sanno che San Sebastiano è il protettore degli omosessuali e della comunità Queer fin dal passato, tant’è che viene definito la prima icona gay della storia. -L’iconografia del Santo la conosciamo tutti, un volto sofferente ma che tendente al piacere su un corpo trafitto da numerose frecce.
Nell’opera di Keith, queste frecce si trasformano in aeroplani trasportando temporalmente il martirio ai giorni nostri, anzi agli anni ’80, in cui l’omosessualità era vista di cattivo occhio dato il diffondersi dell’AIDS, quasi a definire la malattia come una punizione divina per i peccati legati all’omosessualità. 
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Pietro Perugino - San Sebastiano tra i santi Rocco e Pietro ,1478 , affresco, chiesa di Santa Maria Assunta di Cerqueto,( Perugia)
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Keith Haring - Saint Sebastian, 1984 - acrilico su mussola - Collezione Doriano Navarra
Come detto inizialmente, molti problemi per cui si è battuto Keith, furono la violenza ed il razzismo. Queste tematiche le ritroviamo anche oggi, da qui infatti l’esempio più attuale che mai e simile alla storia di George Floyd e purtroppo tante - troppe - altre. Keith tratta la storia di violenza e la conseguente morte di Michael Stewart, un afro-americano arrestato mentre realizzava un graffito nella metropolitana di New York. Nell’opera “Michael Stewart - USA for Africa” del 1985 Haring mette in scena un contesto infernale che ricorda i diluvi universali dei più celebri artisti, ponendolo come reazione alla morte del graffitista.
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Keith Haring - Michael Stewart - USA for Africa, 1985 - smalto e acrilico su tela cerata - Collezione Privata
Al centro dell’opera un uomo di colore inerme nella sua nudità viene strangolato da delle enormi mani bianche. Una manetta si trasforma in serpente ed afferra la colomba, simbolo di pace secondo l’iconografia cattolica da cui l’artista prende ispirazione, a sinistra invece uno scheletro che porge all’uomo una chiave, quella delle manette, metafora che indica l’unico barlume di speranza che possa offrire la libertà, ossia la morte. Una “dextera Domini” verde simboleggiante il denaro, anzi il “Dio Denaro” visto il riferimento medievale alla mano del Signore, che però non è più la destra da cui prende il nome, bensì sinistra. Sempre ragionando in termini cristiani, questo cambiamento ci induce ad associare la mano sinistra al male e al peccato. La mano infatti, si appresta a stringere il collo della vittima, quasi a dirci che non abbiamo solo il problema del razzismo, ma anche quello della classe sociale a cui apparteniamo, o nel caso di alcuni, di cui siamo vittime. Alla base dell’opera vediamo delle mani di persone appartenenti ad ogni diversa etnia, mentre emergono da un mare di sangue frutto della nostra stessa violenza, generata infatti dal globo spezzato in due. Qui, il paragone con un'opera antecedente a Keith è molto meno marcato sotto il punto di vista visivo, bensì è più evidente sotto una lente moralizzatrice che punta a far riflettere le persone sulle violenze e sullo schiavismo. Infatti, un possibile confronto è con “The Slave Ship” di William Turner, opera in cui l’artista denuncia l’assassinio di 132 schiavi con lo scopo di truffare un’assicurazione. Truffa pensata dai negrieri di Liverpool nel 1780.
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William Turner - The Slave Ship, 1840 - olio su tela, Museum of Fine Arts, Boston
Le due opere hanno 150 circa di differenza l’una dall’altra ma la funzione sociale dell’arte, ossia quella di insegnare e sensibilizzare, è sempre la stessa. La differenza sta nel fatto che Turner dipinse l’opera nel 1840 anche se la schiavitù venne abolita 7 anni prima, Keith invece attua la sua denuncia nel 1985, ma poco o niente è cambiato da allora. Tant’è che ancora oggi fatichiamo a respirare un'aria di uguaglianza ed equità. 

- Giacomo Zennaro


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