chiasmomagazine
  • Home
  • Arte
  • Cinema & New Media
  • Gender Studies & Queer Culture
  • Poesia
  • CHIASMO EXHIBIT
  • La redazione

Arte

La Galleria Nazionale, “un luogo in attesa”. Ne parliamo con Cristiana Collu

7/3/2020

0 Commenti

 
È DIFFICILE ACCORGERSI DI CIÒ CHE VEDIAMO OGNI GIORNO - MA È ANCORA POSSIBILE. CRISTIANA COLLU HA ACCOLTO LA SFIDA, E DAL 2016 LA SUA GALLERIA NAZIONALE HA UN NUOVO VOLTO. LA GENESI DI TIME IS OUT OF JOINT: TRA SFIDE, INCLUSIONE E INNOVAZIONE. 
Foto
L'ingresso della Galleria Nazionale, nel nuovo assetto di Time Is Out Of Joint
«Quando mi chiesero: “cosa vuoi fare da grande?” Io ho detto quello che non si doveva dire». E’così che Cristiana Collu, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, ci introduce nel vivo del suo racconto e ripercorre le tappe essenziali del viaggio che ha avuto inizio a Cagliari e l’ha portata fino a Roma. Che lo si definisca un‘ascesa o un peregrinaggio, quello della giovane direttrice resta un percorso di cui non si potrà non cogliere l’eccezionalità.
La Collu ricopre infatti ruoli prestigiosi fin dai primi vent’anni: dal 1996 al 2012 dirige il Man di Nuoro per poi passare alla guida del Mart di Trento e Rovereto, culminando infine nella direzione della Galleria Nazionale. Ma Roma è soltanto la “punta dell’Iceberg” di una carriera che vanta una lunga lista di pubblicazioni, numerosi premi e perfino qualche battaglia. 
   

LA SFIDA DELLA GALLERIA NAZIONALE
Per accogliere la straordinarietà della figura di Cristiana, occorre riavvolgere il nastro fino al 2016, anno in cui le venne affidata la guida della Galleria Nazionale. All’alba della sua assunzione, l’istituto romano versava in una situazione di grave difficoltà: sembra che l’edificio necessitasse di una massiccia remise en forme e, più in generale, la situazione economica appariva profondamente compromessa.    
La direttrice afferma a più riprese di aver portato avanti una vera e propria battaglia, non solo per garantire la sopravvivenza di quella che oggi definisce familiarmente “la vecchia signora”, ma anche per farsi strada nel panorama sociale, ancora troppo disabituato alla presenza di una figura femminile al vertice di un’istituzione di quella portata - e la Galleria Nazionale sembra essere il luogo più adatto per portare avanti questa battaglia dal momento che, dalla sua apertura nel 1883, conta numerose donne alla direzione (Palma Bucarelli, Sandra Pinto, Maria Vittoria Marini Clarelli).
Del resto, è stato proprio in questo momento di grande criticità che l’autrice ha dispiegato tutte le forze in gioco dando prova delle sue spiccate qualità gestionali, oltre che creative.    
Cristiana preferisce l’appellativo di archeologa a quello di storica dell’arte; infatti gli interventi a cui ha sottoposto la struttura tengono fede ai criteri di Cesare Bazzani, l’architetto ideatore della struttura primaria della Galleria, inizialmente concepita per ospitare uno dei padiglioni dell’Esposizione Universale del 1911.
Foto
Pino Pascali, 32 metri quadrati di mare circa (1967), 30 vasche di alluminio zincato e acqua colorata all'anilina, cm. 113 x 113 ciascuna. Antonio Canova, Ercole e Lica, 1795-1815 Roma Galleria Nazionale d'Arte Moderna.

L’ARTE DI IMPROVVISARE
Sono serviti alcuni mesi d’impegno affinché la Galleria Nazionale potesse riqualificarsi ed abbracciare una riforma; questo ha implicato, peraltro, la rinuncia alla mostra di apertura, fatto di non trascurabile importanza - rimarca la Collu.
Pur trovandosi in un’impasse, tenendo fede al solo fondamento della libertà, la direttrice non ha giocato al ribasso perché, se c’è una cosa su cui non si smentisce, è che esistono dei principi che non sono negoziabili, e il lavoro artistico può dirsi tale solo se è assunto come scena etica.    
Contrariamente a quanto si possa credere, Cristiana non ama programmare e, alla pianificazione, preferisce l’ascolto, a cui pare abbia consacrato il suo intero operato. «Quando sono arrivata in Galleria Nazionale, sono arrivata senza piano. Io arrivo, e mi metto all’ascolto. Non ho un’idea preconfezionata. L’ascolto è una modalità che bisognerebbe coltivare, il tasto che non suona bisogna riuscire ad individuarlo perché forse è quello a cui dobbiamo dare voce».    
Allestire la mostra con la collezione permanente, ha consentito alla direttrice di esplorare le possibilità inedite di quegli spazi preesistenti: «Quando ho capito che questa mostra non potevo farla, ho deciso di fare la grande mostra con la collezione.»    


TIME IS OUT OF JOINT​
È proprio a partire da queste condizioni, e in questo clima di incertezza, che nasce Time is out of joint, titolo ispirato dalla relazione familiare che tutti noi abbiamo con la complessità del tempo quando siamo fuori da un museo.    
Tuttavia, quando siamo dentro al museo, qualcosa cambia: al suo interno ci si aspetta qualcos’altro, si nutre un’aspettativa. Si dice che l’attesa sia il luogo più ospitale e, la Galleria Nazionale, era esattamente questo: un luogo in attesa.    
In realtà i primi visitatori di Time is out of joint (come spesso succede quando visitiamo i musei) si aspettavano quello che conoscevano già. In fondo visitiamo i musei perché sappiamo che al loro interno potremo ritrovare qualcosa o qualcuno e non necessariamente perché c’è qualcosa che vogliamo conoscere.    
È questo il punto di vista privilegiato dalla Collu che dinamitarda si è inoltrata, non senza timori, attraverso le frontiere dell’ordinario ed è stata disposta a farsi cogliere di spalle da quello che non aveva ancora considerato prima d’allora ma che di fatto era già lì.    
Il tempo fuori di sé è la chiave di lettura che sta dietro a una collezione molto discussa che attraversa più di due secoli di storia e racconta come l’arte, citando costantemente il passato, non solo si faccia archeologia del presente ma sia anche capace di preconizzare il futuro.    
Tra le sale della Galleria Nazionale il nostro sguardo riscopre il proprio specifico cinematografico ed iniziandoci al ruolo di registi, il museo, ci sorprende nell’atto di costruire la nostra solennissima storia.  Time is out of joint è dotato di un dispositivo, cambia continuamente aspetto, ma questo cambiamento è sottile e viene percepito solo da chi frequenta spesso quelle sale.     
La Galleria Nazionale si configura quindi come uno spazio democratico dotato di qualità relazionali, e le opere parlano innanzitutto alla nostra esperienza, insinuandosi nella nostra sensibilità.    
D’altronde il museo non può più fungere da manuale di storia dell’arte, (anche se questo è qualcosa che fa orrore agli accademici) soprattutto se è frequentato da un pubblico così generico, così come avviene oggi.
La museologia e la museografia restano naturalmente strumenti fondamentali; del resto, solo se si conosce un regolamento lo si potrà trasgredire.
Questa trasgressione costituisce la parte più creativa e irriducibile del lavoro di Cristiana, punto di accesso di un mondo disseminato di infinite connessioni, pronte a smarcarsi dallo sguardo lineare sulla storia dell’arte.
Time is out of joint è stata una sfida e nasce una sala dietro l’altra, come un flusso di coscienza. Nasce perché c’è un problema economico, nasce a partire da Ercole e Lica - che non li puoi spostare. Ma da tutti questi punti irremovibili, infine, nasce un racconto.    


GUARDARE AL PRESENTE 
E alle polemiche, la Collu risponde: «Non mi interessa lo sguardo retrospettivo, penso che si debba guardare dietro solo se occorre superare. Vi è un gran bisogno di capire come volga questo nostro racconto ma se si continuano a guardare gli artisti degli anni ‘70 finiremo per sentirci mancanti o a pensare che ci sfugga, e invece questo è il racconto del nostro tempo. Esistono giovani artisti effervescenti e forse la prossima mostra guarderà a loro, che non hanno ancora gli strumenti del linguaggio.» Quello della Collu è un ritorno al grado zero, summa conclusiva di un processo coraggioso, oltre che prodigioso. Ma anche un invito alla pervicacia, a cui più spesso si dovrebbe tendere la mano.
«Non spaventatevi se a volte vi immaginate da qualche parte, a fare quello che forse desiderate nel profondo e avete confessato solo a voi stessi.»


Marie-Regine Dongiovanni    
0 Commenti



Lascia una risposta.

Fornito da Crea il tuo sito web unico con modelli personalizzabili.
  • Home
  • Arte
  • Cinema & New Media
  • Gender Studies & Queer Culture
  • Poesia
  • CHIASMO EXHIBIT
  • La redazione