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Lisbeth Gruwez dances Bob Dylan. Un assolo di chiusura per la Biennale Danza di Venezia e non solo10/2/2021 Un assolo? Un duetto con il musicista? Una relazione con il pubblico? La performance di Lisbeth Gruwez riproposta per la Biennale Danza 2020 non è di facile connotazione. L’artista danza sulle note dei vinili di alcune canzoni di Bob Dylan suonate dal musicista/compositore Maarten Van Cauwenberghe. Dialoga con la musica, con il proprio corpo, con il musicista stesso ed anche con il pubblico. Canzoni come Sad eyed lady of the lowlands vengono danzate dalla Gruwez con grande intensità, ma soprattutto interpretando differenti stati d’animo. Le storie che vengono narrate/danzate sembrano quasi raccontare momenti della vita di qualsiasi donna e uomo: la felicità, la stanchezza, un amore finito, la tristezza, il tutto sulle note di un grande maestro. Lo spettacolo inizia con uno sguardo di intesa tra la Gruwez e Maarten Van Cauwenberghe, il disco comincia a girare così come la performance e ci si trova subito immersi in un ‘tu per tu’ con la danzatrice dal quale se ne uscirà solo alla fine. Il palcoscenico si presenta praticamente vuoto: un acetato nero posto per terra riflette le luci e i movimenti della performer, in un angolo si trova un tavolo sul quale suonano i dischi con accanto, seduto, Maarten Van Cauwenberghe scalzo; egli beve una birra e fuma un sigaro, come se si trovasse nel proprio studio. Tra lui e la Gruwez c’è sintonia, traspare un senso di amicizia, di complicità, elemento confermato dal fatto che è lui stesso, ad un certo punto dello spettacolo, a tenere in mano un piccolo faro da palcoscenico per seguirla durante un pezzo della sua performance: la luce riverbera sul corpo sudato della Gruwez, la fa riflettere sul palco, mettendo in scena una situazione surreale, come se la luna rispecchiasse su un lago nel quale un cigno sta aprendo le proprie ali riflettendosi sull’acqua. Ogni spettatore si è potuto immergere e riconoscere in almeno una delle composizioni coreografiche proposte: movimenti ripetuti più volte con intensità diverse, giri compiuti su sé stessa quasi a ricordare un rituale catartico, camminate con varie velocità, corse da un punto all’altro del palcoscenico compiute forse per scappare da qualcuno o forse per scappare da sé stessa e dai propri pensieri. Uno spettacolo messo in scena pochi giorni prima del DPCM che ha messo in scena differenti tipologie di relazione: quella con un amico, quella con la musica, ma soprattutto il tipo di relazione con la quale più si ha a che fare in questo periodo storico, quella con sé stessi. Il pubblico viene spronato dalla Gruwez più volte con sorrisi, domande di vita comune, ma malgrado non ci sia una partecipazione diretta con la stessa, ogni singolo spettatore si trova, oltre che estasiato dalla bravura dell’artista, a essere trasportato in una situazione del tutto estranea: da un teatro si viene catapultati in uno studio, in un soggiorno di una casa qualsiasi, dove sulle note di un vinile si dà vita a delle danze che sembrano del tutto improvvisate, ma soprattutto che sembrano trasmettere sincerità facendo trasparire emozioni e ricordi di una vita intera, una delle poche cose alle quali, oggi, sembra di potersi aggrappare.
- Angela Della Porta
4 Commenti
Franco
18/2/2021 21:02:07
Bellissimo
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Chiara
18/2/2021 21:29:48
È come se avessi vissuto quegli istanti e quelle emozioni travolgenti, anche se non presente allo spettacolo.. bravissima
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ANNA TORINO
18/2/2021 22:25:42
Bellissimo articolo, minuzioso nei dettagli tali da far trasparire le emozioni vissute in quel momento. Foto stupende
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Mara
19/2/2021 14:36:53
Descrizione dettagliata, grandi emozioni
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