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Si conclude la VII edizione del Live Cinema Festival, che torna ad offrire un’esperienza sensoriale illuminando l'Acquario Romano con nuove visioni sinestetiche. Casa dell'Architettura/Acquario Romano. © Courtesy of Daccapo Comunicazione. Anche quest’anno il Live Cinema Festival, ormai alla sua VII edizione, è tornato ad esplorare con un linguaggio innovativo i complessi vincoli tra musica elettronica e digital art. Il festival – svoltosi dal 9 al 16 ottobre 2020 presso la Casa dell’Architettura – ha trasformato ancora una volta la Capitale in uno spazio di incontro e produzione artistica internazionale. L’evento, patrocinato tra gli altri da Roma Capitale, Regione Lazio, il Forum Austriaco di Cultura, il Centro Ceco di Roma, l'Accademia d'Ungheria, Québec Delegation e Institut Français, ha rispettato la sua vocazione globale avvalendosi quest’anno del supporto di 17 artisti provenienti da diverse parti del mondo che hanno dato vita a 12 live performance. La proposta del Live Cinema Festival, che da anni porta avanti una ricerca incentrata sulla relazione tra pratiche artistiche ed impiego della tecnologia, si inserisce nel solco di un’ampia tradizione performativa e musicale, risultando tuttavia brillantemente attuale. L’impiego di diversi format espressivi e la multidisciplinarietà che caratterizzano il programma del festival ben riflettono il tema centrale di questa edizione: la sinestesia. Le otto serate, infatti, hanno visto protagonisti visual artists, compositori e performer chiamati ad interrogarsi sull’unione di suoni ed immagini. Gli artisti hanno risposto presentando una ricca riflessione dal taglio fortemente sperimentale, articolata attraverso simposi, lecture, AV performance, installazioni audio-visuali e workshop. Particolarmente sorprendente e degna di nota si è rivelata la location del festival, ospitato dall’edificio storico dell’Acquario Romano: gli artisti, tra cui Tarik Barri, Lea Fabrikant e Žagar AV Experience, hanno saputo sfruttare appieno l’architettura ricurva della Sala Ellittica, al cui interno enormi proiezioni di 20x5 metri hanno avvolto lo spettatore in video-installazioni dal forte impatto emotivo. Aeryon, Maotik. © Courtesy of Daccapo Comunicazione. Prima di ogni performance il pubblico ha assistito ai Symposium “What is synaesthesia?” (Cos’è la sinestesia?), spazi di dibattito tra artisti e curatori che hanno ospitato, in qualità di relatori, Cristiano Leone e Giacomo Guidi del Contemporary Cluster. Ad aprire le serate, la video-installazione “Machine For Living”, attraverso la quale l’artista canadese Sabrina Ratté ha offerto una riflessione audiovisiva sul tema della sinestesia, sviluppata a partire dalle geometrie opprimenti dell’architettura brutalista parigina. Al ritmo serrato di due performance al giorno, il festival ha presentato al pubblico il frutto dell’incontro e della collaborazione tra artisti con background profondamente diversi tra loro; nel corso delle serate, la varietà di interessi e forme espressive ha portato ad un susseguirsi di live che, pur costanti nella spettacolarità, hanno giocato con il tema della sinestesia con approcci spesso divergenti. Così, alla fusione armoniosa di suoni ed immagini portata sullo schermo da Aid Kid e Pavel Karafiát si è affiancata la ricerca dissonante e artificiale di Patrik Lechner, in una perenne e multiforme trasfigurazione dello spazio espositivo. Il progetto collaborativo “Landscape” tra il produttore di musica elettronica Aid Kid il visual artist Pavel Karafiát, in effetti, ha portato direttamente dalla Repubblica Ceca una performance profondamente armoniosa. Karafiát, con un background da ingegnere, si è spinto oltre i limiti delle architetture digitali, accompagnando una cromatica pronunciata ad un dolce sottofondo musicale che emerge da ritmi emotivi e graduali. L’artista austriaco Patrik Lechner ha catturato invece la realtà attraverso un lavoro di modellazione algoritmica che procede da una concezione artistica della tecnologia e vede nella programmazione uno strumento estetico. Il 16 ottobre, Lechner ha portato al Live Cinema Festival il live show “Orbitoclast”, durante il quale ha impiegato sistemi di intelligenza artificiale per creare musiche astratte ed immagini che reagiscono al suono in tempo reale. La stessa serata ha visto inoltre protagonista l’artista francese Maotik, la cui ricerca gioca con il labile confine tra dimensione digitale e fisica e permette una completa immersione in spazi virtuali. Già nel 2017, a Nantes, durante la sua performance “Bloom – Generate Sound Flowers” era stato il pubblico a far sbocciare dei fiori digitali, generando suoni diversi attraverso i propri movimenti. L’anno seguente, all’Istanbul Congress Center, aveva dato vita ad architetture interattive con “Heaven Lines”, in cui un tunnel led dotato di uno scanner laser captava costantemente i movimenti dei visitatori. Al Live Cinema Festival, tuttavia, Maotik si è voluto concentrare sul tema della sorveglianza: è protagonista la figura del drone, strumento di controllo per eccellenza, che sia privato, militare o giocattolo in vendita su Amazon. In “AERYON” assistiamo dunque al volo di un drone virtuale su un paesaggio elaborato a partire dai dati forniti da Google Maps; le informazioni sonore raccolte danno vita ad una performance in cui il mondo intero ricorda un’enorme prigione foucaultiana. Analogamente, Pierre Lafanechère e Dylan Cote in “Earthsatz” recuperano immagini da Google Earth, distorcendole per creare una topografia 3D fluida ed inquietante. Viste a volo d’uccello di scenari urbani europei si alternano ad hangar desolati, nel maldestro tentativo di assemblamento del paesaggio da parte di un’intelligenza artificiale che osserva il pianeta nella sua interezza. Ancora sulla soggettività delle nuove intelligenze artificiali e sull’interpretazione del mondo che queste avanzano si basa, seppure con una diversa prospettiva, l’analisi di Marco Monfardini. Monfardini si definisce un non-musicista, e nelle sue esibizioni attribuisce un suono all'inudibile. All'inizio della su performance “Detect” ha invitato il pubblico a tenere accesi i cellulari, e captando gli elettromagnetismi di questi ultimi (wifi, bluetooth, gsm) ha portato alla luce un panorama sonoro prima sommerso. Ciò che è normalmente inudibile assume una visibilità che pone lo spettatore di fronte al brusio costante ed estremamente invasivo di reti invisibili. Earthsatz, Pierre Lafanechèere e Dylan Cote. © Courtesy of Daccapo Comunicazione. Protagonista della settima serata è stato invece il due ungherese Žagar AV Experience, composto dagli artisti Balázs Zságer e Kati Katona. Se Katona crea immagini biomorfiche ed è affascinata dal concetto di “posthuman”, Zsásger compone invece musica elettronica dagli anni ‘80. Zságer e Katona, con un approccio minimalista, techno ed ambient, hanno creato un universo biomorfico ed algoritmico in perfetta sincronia, fatto di sintetizzatori ed illustrazioni armoniose. Un approccio più sistematico è invece quello di “Tonstich”, dell’artista tedesca Amelie Duchow, che coinvolge lo spettatore nella creazione di un vestito virtuale: sullo schermo, un susseguirsi di linee rette segna il ritmo dell’ago in azione. Le immagini dell’incessante lavoro della macchina da cucire contrappongono un vecchio strumento alla rivisitazione innovativa delle sonorità industriali che produce. Non mancano all’interno della lineup nomi conosciuti nel mondo della musica elettronica e della digital art, come quelli di Tarik Barri e Lea Fabrikant. Barri, affermato compositore e visual artist olandese, rappresenta ormai un punto di riferimento nella scena musicale internazionale, come testimoniato dalle passate collaborazioni con Thom Yorke, Nicolas Jaar, Radiohead e Flying Lotus. Al Live Cinema Barri ha presentato con Lea Fabrikant in anteprima nazionale la nuova performance “-Zo-”. Il contributo di Fabrikant è fondamentale: l’artista estone utilizza la sua voce e la sua immagine, unita a materiali ed oggetti, per creare un sound suggestivo. “-Zo-” crea un’esperienza sonora emotiva ed esplora l’interiorità degli artisti, facendo emergere un’opera la cui forma finale risulta quasi inafferrabile. -Zo-, Lea Fabrikant e Tarik Barri. © Courtesy of Daccapo Comunicazione. In un paesaggio culturale che sembra spesso non valorizzare appieno le nuove ricerche artistiche, eventi come il Live Cinema Festival rappresentano una rara occasione d’incontro. Con questa edizione, il festival si è confermato ancora una volta in grado di cogliere appieno le necessità di una realtà complessa come quella romana. Rispondendo alle sfide uniche di questo momento storico con un’analisi lucida e accattivante, il Live Cinema è riuscito a proporre una riflessione innovativa sul rapporto tra arte e tecnologia, oggi più attuale che mai. - La redazione Tonstich, Amelie Duchow. © Courtesy of Daccapo Comunicazione.
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