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Paul Yves Poumay e i rintocchi della rivoluzione

19/4/2020

7 Commenti

 
Assediato da minacce continue il mondo continua ad andare avanti sempre più esausto. Per difenderlo l’artista Paul Yves Poumay si erge come suo paladino denunciando con la sua arte le dinamiche corrotte del potere. ​
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Paul Yves Poumay, Colonial Past, acrilico, 75x115x2 cm, (2018)
C’è shock e sgomento per ciò che sta avvenendo oggi in Australia. La terra brucia, e flora e fauna vengono decimate per l’ennesima volta sotto lo sguardo attonito dell’intero pianeta. Non è la prima volta infatti che la Terra si trova a combattere contro simili catastrofi naturali, basti ricordare alcune tra quelle che hanno segnato il primo ventennio del nuovo secolo: lo tsunami del 2004 che inghiottì milioni di persone nel sud-est asiatico; l’uragano Katrina che l’anno seguente  che devastò la Louisiana; il terremoto di magnitudo 9.0 e lo tsunami che colpirono il Giappone nel 2011 causando 10.000 vittime e quello di magnitudo 7.0 che seppellì ben 200.000 persone ad Haiti. E ancora, nell’anno appena trascorso gli incendi di Los Angeles e della foresta amazzonica che hanno divorato il cuore verde del pianeta, fino ad arrivare al recente incendio australiano e questi sono solo alcuni dei numerosi disastri avvenuti in questi anni. Per l’artista belga Paul Yves Poumay - che proviene da un background accademico di studi in marketing, amministrazione e finanza - la causa della comparsa e della reiterazione di questi eventi sarebbe da rintracciare nella sfrenata industrializzazione finanziaria senza quartiere, che dalla metà dell’Ottocento imperversa assoluta. La competitività ha reso cieco l’essere umano e lo ha trasformato in un degenerato mostro che non sa più cosa sia l’umanità, votato solo all’efficienza e all’arrivismo; è stata l’ipnotica attrazione per il successo e per l’ossessiva ricerca del benessere e della felicità a generare la devastazione randomizzata delle risorse terrestri.
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Paul Yves Poumay, Le Roi, terracotta, 40x40x20 cm (2011)
Con intraprendenza e fermezza Poumay, che ha attraversato le contraddizioni del mondo della finanza e dell’economia  guardando con i suoi occhi gli effetti della dilagante frenesia consumistica, lancia il guanto contro la corruzione del sistema e le ingiustizie da esso generate, marchiando le sue opere di libertà, fantasia e spontaneità, spezzando finalmente il giogo dell’oppressione. Ironia e paradosso diventano chiavi di lettura senza le quali è impossibile comprendere opere come Le Roi o Unhumanity: il primo un re con una testa di rospo beffarda, e il secondo un volto sfigurato e indefinito, in cui l’unica cosa riconoscibile è il forte senso di inquietudine trasmesso dalle scanalature che ricoprono il viso, intrecciandosi in una maschera che non lascia trapelare emozioni.
Gioco di proporzioni e alterazioni tra follia e rituale, le sculture di Poumay sembrano attraversare il tempo divenendo reperti di una contemporaneità ormai al suo tramonto, lacerata e consumata dai suoi conflitti e paradossi; la dimensione dello spazio finzionale si sovrappone a quella del tempo reale creando un piacevole ossimoro, che dinamizza le forme e le rende singolari. I ruoli si invertono, e così l’umano si fa bestiale e la bestia diventa umana, smascherando l’illusorietà dell’apparenza e portando alla luce le verità nascoste dal rigido manto dell’idealizzazione.

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Paul Yves Poumay, The migrant, argilla, 30x25x30 cm, (2019)
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Paul Yves Pumay, L'extase du chef coq, terracotta, 30x20x20 cm (2019)
L’ingrediente grottesco miscelato all’eleganza impulsiva del gesto dà vita a forme primitive dai contorni ambigui, che vibrano nello spazio con trasbordante intensità emotiva. Ciò è evidente in Oreille Cassée, The migrant, L'extase du chef coq dove istintivamente si scorge la lezione appresa da Dubuffet e dall’Art Brut. La necessità di guardare al brutto, al deforme e alla pazzia come punti focali di un discorso, ancora ampiamente dibattuto, sul bisogno di accettare le proprie fragilità e i propri difetti, indispensabile per ritrovare l’umanità persa, si riflette nitidamente nella proposta scultorea dell’artista.
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Paul Yves Poumay, Struggle for life, acrilico, 50x50x3 cm
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Psul Yves Poumay, Smiling death, acrilico, 90x90x4 cm, (2018)
Questi temi tornano anche nelle tele, dove trasformazione e resurrezione si coagulano in imprevedibili scenari, dove tutto può accadere. Blonde o Male-female sono un chiaro esempio di questa visione in continuo mutamento. Osservando Smiling death o Struggle for life o Pégase si ha come l’impressione di essere rapiti in un vortice iperbolico di colori e forme che si rincorrono all’unisono senza raggiungersi mai. La vicinanza ad alcune opere di Basquiat è lampante, basti pensare a quella del ‘82 Untitled (Two on Gold) o ancora a quella precedente Untitled (Skull). La vivacità dei colori squillanti in contrasto con i cupi marroni e l’attrazione per il mostruoso e l’indefinito sono il comune denominatore dei due artisti, come lo è quello per l’orrorifico che lo accomuna all’espressionista astratto De Kooning di Woman.
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Paul Yves Paumay, The running man
 La variabilità dei motivi e delle forme invece stabilisce un legame a filo doppio con il lavoro di Gerhard Richter, ma è nel surrealismo di Mirò e nell’informale che si radicano le origini di tele come Big Moustache, Pinocchio's jail Venez sur mes genoux...Come on my knees; qui l’ironia si vivifica grazie all’elemento onirico ed emblematico del sogno mentre The running man si fa emblema della speculazione anti-capitalistica dell’artista, proiettando nell’orbita del compimento di un’azione semplice seppur incisiva che denoti una decisa presa di posizione e conduca verso l’orizzonte di un cambiamento radicale in grado di travolgere l’intera società mondiale.
Con questo obiettivo è stata fondata nel 2017 l’organizzazione no profit AWI World Institute Asbl che si colloca nel programma della campagna contro l’industrializzazione fiscale e le sue dirette conseguenze nel tentativo di sviluppare sistemi alternativi ed eticamente condivisibili. “Costruire un mondo più giusto e sostenibile contribuendo al progresso umano” si apre con questa affermazione d’intenti la pagina on-line dedicata all’AWI.
​ Allo scopo di finanziare le attività di ricerca, l’artista ha realizzato l’opera più costosa al mondo:
Le retour de Don Quichotte, stimato oltre due miliardi di euro. Potrebbe sembrare una contraddizione, lottare con il proprio lavoro contro ingiuste politiche economiche internazionali mentre si vende proprio quest’ultimo a una cifra astronomica, nutrendo lo stesso sistema che si vuole deporre, ma decade da sé l’incongruità quando si scopre che si possono acquistare 76 milioni di milligrammi a un prezzo modico, pari solo a 26.50 euro, divenendo comproprietario dell’opera e partecipe attivo nella corsa alla rivoluzione auspicata dall’associazione.
Quella di Poumay è un’arte attiva che vuole comunicare e trasformare canalizzando verso un futuro prospero e preannunciando un ritrovato rinnovamento culturale che permetta l’avvento di un cambiamento radicale nell’assetto socio-economico mondiale, un risveglio delle coscienze assopite. Perché c’è chi re e chi buffone, chi santo e chi dannato, chi imprenditore e chi operaio, ma sono le scelte che costruiscono l’identità dell’essere. Fare la scelta giusta è un imperativo morale per evitare che decisioni erronee determinino un futuro oscuro per il pianeta. Specchio delle azioni, l’intervento di Poumay invita a prendere atto di ciò che sta accadendo nel mondo, di aprire gli occhi e vedere, guardando davvero o il rischio è quello di perdere tutto e tramutarsi in Dorian Gray con l’anima lacerata e gli occhi e il cuore di ghiaccio. 
- Erika Cammerata
7 Commenti
Stephen J. Sotnick link
21/4/2020 00:25:09

Avant Garde Art Work Los Angeles-
The Ant Work Gallery - Los Angeles
Stephen J. Sotnick sotnick
Director and Senior Curator

Risposta
poumay link
26/4/2020 07:19:56

welcome

Risposta
Rosa Anna Argento link
24/4/2020 09:36:31

Complimenti per l'iniziativa. Sento forte questo argomento e sto preparando un progetto per sensibilizzare l'opinione pubblica. Gli artisti possono fare molto con la loro arte per lanciare un grido di allarme e aiutare con la lotta per contrastare questa economia che uccide la natura e poi l'uomo stesso.
Restiamo in contatto !

Risposta
poumay link
26/4/2020 07:21:47

restiamo in contatto.

Risposta
Anu Bhatia link
18/11/2020 22:48:49

Art can truly bring about a change- Museums must aim to reach out to people and engage them through an open-ended dialogue so individuals not only observe but also get an opportunity to critique art and share/exchange ideas and thoughts.

Risposta
Anu Bhatia link
18/11/2020 23:07:47

Paul Paumay's art is simply amazing and awe-inspiring. While it's difficult to incapsulate how his art might influence different individuals, given their background, beliefs, and so forth, there's little doubt his art is eloquent and touches deep chords of the heart and mind. While 'the Running Man' reminds one of Miro's 'The head of a Catalan Peasant,' some of his works reflect Gerard Richter's 'Abstract Landscape 780-1' that hangs in the National Gallery of Art, D.C. I look forward to seeing his art in person and wonder if his sculptures might ever travel to the National Gallery of Art, D.C?!

Risposta
paul yves poumay link
19/11/2020 07:32:53

Thank you very much for your kinds words. Really happy you like my work.

Risposta



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