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Peggy Guggenheim e le arti applicate: un sodalizio vincente

19/11/2020

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Foto
Peggy Guggenheim con un vestito di Paul Poiret e un copricapo di Vera Stravinsky, Parigi, 1924. Foto di Man Ray ©erven Man Ray/Pictoright Fonte: www.guggenheim.org
Man Ray coglie in questa fotografia lo sguardo di una giovanissima Peggy Guggenheim; entrambi emigrati dagli Stati Uniti arrivano in Europa negli anni Venti e non trovano difficoltà a familiarizzare con quella vie bohémienne parigina della quale Peggy diviene musa ispiratrice e Man Ray fotografo ufficiale. La fotografia diventa simbolo di quella gioventù, di quella libertà tanto desiderata dalla giovane e mostrata con orgoglio attraverso questo abito intessuto d’oro, realizzato per lei da Paul Poiret, considerato il ‘precursore’ dell’Art Déco. Il fine di Poiret è quello di alleggerire la complicata struttura degli abiti femminili, costituita da diversi strati di biancheria sostenuti da rigide stecche che non consentono a chi lo indossa di muoversi liberamente. L’abito di Peggy è quindi un abito molto più leggero e dinamico che ricorda i costumi mediorientali e che le dona un certo fascino esotico. Spesso definita l’enfant terrible della famiglia Guggenheim, Peggy incarna a tutti gli effetti il prototipo della donna emancipata e d’avanguardia del suo tempo, una donna che gradualmente prende coscienza del proprio ruolo nella società, rivendicandone una posizione. I primi anni ’20 del Novecento sono cruciali per le arti applicate, Peggy, in perfetto stile avanguardistico, fa di moda e design non solo strumenti con cui esprimere il proprio gusto ma anche canali attraverso cui dare vita a rivoluzioni culturali e sociali.
Dietro l’eccentricità e la raffinatezza che la contraddistinguono si nascondono precise scelte stilistiche e legami d’affetto con i nuovi stilisti d’avanguardia come mostra quest’altro scatto di André Rogi. 

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Peggy Guggenheim con un vestito di Elsa Schiaparelli, Parigi, 1930. Foto di André Rogi. Fonte: www.news.artnet.com
L’ambientazione ci è familiare: riconosciamo accanto a Peggy una scultura, della serie Maiastra, realizzata dall’artista Constantin Brâncuși, a cui la collezionista era particolarmente affezionata tanto da fargli visita regolarmente nel periodo tra le due guerre. Quello che forse è meno noto è l’abito che indossa firmato Elsa Schiaparelli. Le due donne si conoscono a Parigi e scoprono di condividere una nuova idea di femminile: una donna personificazione del proprio successo e con una sessualità cosciente che non teme di mostrare. Le creazioni della Schiaparelli diventano manifesto della nuova emancipazione femminile e la decisione di utilizzare materiali del tutto nuovi, come il cellophane che vediamo nella foto o il rhodophane, un particolare tipo di plastica, costituisce un punto di rottura con la società tradizionalista e borghese liberando la donna da quei vincoli sociali e morali nei quali la società la costringe. Nel 1947 Peggy acquista Palazzo Venir dei Leoni lungo Canal Grande dove prende dimora stabilmente. Quando parla di Venezia lo fa in questo modo: 
 
“Non sono mai stata in una città capace di darmi lo stesso senso di libertà di Venezia. La gioia straordinaria sperimentata camminando senza essere tormentata dai pericoli del traffico è pari solo al senso di libertà che si gode vestendosi come meglio si crede: a Venezia si può indossare quasi tutto senza sentirsi ridicoli; anzi più i propri vestiti sono lontani dalla normalità, più sembrano adatti a questa città dove una volta il carnevale regnava sovrano.”
                                                                                                              (Peggy Guggenheim, "Una vita per l'arte", Rizzoli Editre, Milano, 1982)
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Peggy Guggenheim sul tetto del suo palazzo lungo Canal Grande, Venezia, 1950. Foto di Frank Scherschel ©Frank Scherschel/Life Picture Collection/Getty Images Fonte: www.theguardian.com
​Ed è proprio nella città dei suoi sogni che l’anno seguente incontra Mariano Fortuny. Avvicinatosi agli esordi della sua carriera alla pittura è conosciuto principalmente per i suoi meravigliosi abiti, che ancora oggi trovano spazio in diversi musei e luoghi espositivi. Fortuny la veste con il suo mitico dolphos, una tunica di chiara ispirazione classica che cade aderendo sinuosamente alle linee del corpo cosicché una volta indossata non può che ricordare il drappeggio tipico delle statue greche. Fortuny si fa promotore di una nuova idea di abbigliamento caratterizzato da profonda libertà, i suoi abiti ricostruiscono il corpo della donna, vittima di ruoli standardizzati scelti per lei da altri, che ora aspira ad essere fautrice del proprio destino: Peggy è proprio questo, a Venezia, lontana dalla sua famiglia d’origine.
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Peggy con indosso un vestito di Fortuny sui gradini di Canal Grande, Venezia, 1951. Foto di Ida Kar ©Ida Kar
Forte e fragile al tempo stesso, più volte mal giudicata a causa delle numerose relazioni avute (alcune delle quali piuttosto burrascose) tutto questo non è riuscito ad intaccare un aspetto fondamentale del suo carattere: l’eccentricità. A partire dagli anni ’50 infatti, attorniata dai suoi ben quattordici cagnolini e dalle numerosissime opere di grandi artisti d’avanguardia, comincia a mostrarsi sfoggiando un paio di occhiali divenuti ormai iconici e disegnati per lei dall’artista Edward Melcarth. 
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Peggy Guggenheim nella sua casa a Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, 1950. Foto di David Seymour. ©Ben Shneiderman, courtesy of Magnum Photos, Inc. Fonte: www.theartgorgeous.com
​Elegantemente insoliti e decisamente ironici gli occhiali ‘a farfalla’ riflettono la passione per l’arte surrealista ed astratta nutrita dalla collezionista. Elevati a rango di opera d’arte una volta indossati realizzano un indissolubile connubio di potenza, stravaganza e shock, destinati a lasciare il pubblico a bocca aperta. Questi occhiali, insieme agli orecchini disegnati dagli artisti Tanguy e Calder, diverranno la cifra stilistica di Peggy Guggenheim.
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Peggy Guggenheim con indosso gli orecchini realizzati per lei da Alexander Calder, Venezia, 1965, collezione privata. Foto: Eugene Kolb Fonte: www.barnebys.co.uk
 
Giulia Moscheni

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