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Cinema & New Media​

"Post Tenebras Lux": luci, tenebre e cani

16/6/2020

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Post Tenebras Lux (2012) di Carlos Reygadas, miglior regia a Cannes per questo film, narra la storia di Juan e Natalia che con i loro due figli, Rut ed Eleazar, decidono di abbandonare la città per vivere nella pace della campagna. Questo trasloco comporta tanti cambiamenti e la famiglia si trova a fare i conti con le micro-realtà che la circondano e con se stessa.
E questo è lo strato superficiale, o meglio, è la favola che fa da contorno al “vero” Post Tenebras Lux.

Una bambina corre per i campi e attorno a lei si sviluppa una scena degna dell’Eden: una moltitudine di asini, cavalli, cani e mucche pascolano in armonia. Divertita, la bambina chiama a sé gli animali. Il tempo passa e la visione idilliaca lascia posto ad una realtà ben più inquietante: è notte e dei fulmini illuminano la campagna. La bambina ora chiama la madre, ma non viene data alcuna risposta.
Ci spostiamo in un ambiente domestico e nonostante il cambio di scena, i fulmini continuano a brillare. L’oscurità non lascia intravedere molto, ma la casa sembra essere in perfetto stile borghese. La porta dell’ingresso si apre e man mano si fa spazio nell’atrio la figura di un demone irradiante una luce rosso porpora. Il demone non sembra comportare un pericolo per l’abitazione: anzi, si rivelerà essere un suo abitante (o almeno così sembrerebbe). ​
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​Questo inizio così suggestivo mostra appieno l’ambivalenza di Post Tenebras Lux e ne rappresenta il motivo stesso del film, ovvero l’eterna lotta tra luce e oscurità che metaforicamente parlando si traduce nel contrasto della pace che la famiglia cerca nella campagna e quello che in realtà risiede nell’animo dell’essere umano, ma soprattutto nell’animo di Juan.
É infatti il padre e marito il motore “negativo” del film e sembra che ogni male che si abbatte sulla famiglia abbia lui come origine. Un momento chiave per il suo personaggio è nella prima mezz’ora del film, quando Juan picchia con brutalità uno dei cani che vivono nel suo podere. Natalia, infastidita più che inorridita, gli chiede di smetterla. Successivamente il marito ammette di aver sbagliato, ma si giustifica dicendo che lui fa così con chi ama, cercando anche di assolversi dal modo in cui tratta la moglie a cui risponde aggressivamente al rifiuto di un rapporto sessuale.
Ad un incontro di alcoolisti anonimi facciamo la conoscenza di Sette, personaggio che presenta Juan agli altri membri e che si scopre essere un dipendente nel podere della famiglia. Juan però, non è un alcoolista e anzi, rivela a Sette che il suo problema non è nulla in confronto: Juan riesce ad andare a letto con sua moglie solo se prima si è masturbato su del porno. Anche Sette si lascia trasportare e confida al suo capo che in una vita precedente ha avuto una famiglia, ma essendo un ladro e un tossico, oltre che un violento, ha perso tutto e ha dovuto ricominciare da capo. 
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​Da questo momento in poi il film è sempre più intrecciato e le sue linee temporali sempre più distorte. Vediamo Rut ed Eleazar cresciuti, solo per poi osservarli nuovamente come bambini. Emblematica la scena dove Juan e Natalia, diversi, o forse più vecchi, partecipano ad una orgia di scambisti. Questi scorci su attimi differenti nella vita della famiglia fanno sorgere una domanda spontanea: queste scene sono effettivamente il futuro o Reygadas ci sta mostrando dei semplici comportamenti umani? Juan, Natalia, Rut ed Eleazar, del resto, non hanno un cognome e ciò mi suggerisce che la famiglia rivesta un ruolo archetipico in maniera più palese rispetto a quello che si potrebbe pensare. 
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​​Tra questi attimi estemporanei, la “trama principale” continua a svilupparsi e raggiunge il culmine nel momento in cui Sette organizza un furto nel podere della famiglia. Le conseguenze per il ladro saranno nefaste e ancora una volta entra in gioco la figura canina: dopo il furto, Sette ignora la sofferenza di un cane investito.  A quanto pare, restare indifferenti al dolore di uno degli esseri che popolano l’Eden della prima scena del film, significa fare i conti con un male più grande.
Post Tenbras Lux ha alla fotografia Alexis Zabé (The Florida Project) che in coppia con la regia di Reygadas è uno degli aspetti migliori del film. Tutti le immagini, tranne quella dell’arrivo del demone, presentano una vignettatura particolare per cui si vengono a creare dei riflessi artefatti di ciò che è al centro del frame. Una scelta visivamente intraprendente che immerge ancora di più il film in una realtà atipica e atemporale. 
Forse sarà un'affermazione un poco controversa per alcuni, ma il film mi ha ricordato come esperienza quella della visione di The Tree of Life, sebbene con tinte e aspetti molto più oscuri. Se il film di Mallick è considerabile una celebrazione della vita, Post Tenebras Lux è (anche) una dissacrazione della stessa. 
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Leonardo Piacente
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