Da una “storia delle donne” a una “storia di genere”. Come il “genere” è cambiato e ci ha cambiati25/2/2020 ![]() DAL FEMMINISMO AMERICANO E INGLESE DEGLI ANNI SETTANTA AL SAGGIO DEL 2004 DI JUDITH BUTLER: COSA È CAMBIATO E COME CI SI DEVE PORRE NEI CONFRONTI DEL DIBATTITO APERTO E COMPLESSO DEL "GENERE"? IL SECOLO SCORSO CI HA FORNITO MOLTI STRUMENTI PER CONOSCERE QUESTO ARGOMENTO, MA OGGI SEMBRIAMO ESSERCI SCORDATI DI TUTTO QUESTO, REINVENTANDO SIGNIFICATI E SUSCITANDO PAROLE INGIUSTIFICATE. QUANDO LA DIFFICOLTÀ LINGUISTICA GENERA SCORRETTE INTERPRETAZIONI Il termine “genere” ha ormai iniziato a far parte del vocabolario comune, entrando spesso in discorsi controversi circa il corpo, il femminismo, l’omosessualità e le tematiche legata al mondo trans; siamo sicuri però che il “gender” abbia dei legami con ognuno di questi mondi, e che sia giusto parlarne così tanto? L’intraducibilità di una parola è spesso causa di fraintendimenti – ed è questo il caso – infatti il dibattito sul “genere” affonda le radici nel Novecento, riscontrando delle profonde analisi e considerazioni in merito - è celebre il saggio Genere, politica, storia di Joan W. Scott (in particolare la sezione Usi e abusi del genere). Negli anni Settanta le femministe inglesi e americane si appropriarono del termine “genere”, utilizzato da psichiatri e sessuologi come John Money e Robert Stoller, per destabilizzare i presupposti della relazione tra sesso biologico e ruoli costruiti culturalmente sia per uomini che per donne, ma andando avanti con gli anni il senso del termine “genere” ha iniziato a mutare. Prima di addentrarci ulteriormente nella storia di questo termine, occorre fare una distinzione tra la trasmissione di un dato e la sua percezione, perché non esiste una corrispondenza certa tra trasmissione e percezione: spesso le persone non hanno i mezzi per comprendere veramente di cosa si sta parlando quando si accenna al “genere” – questo non per una mancanza del singolo, ma perché non viene insegnato nulla di questi tematiche– e quindi, di conseguenza, ognuno interpreta questo argomento come meglio crede, non conoscendo né la storia del termine, né i suoi sviluppi. CASI DI FRAINTENDIMENTO E POLEMICHE LEGATE AL "GENERE" Tornando a tracciare una linea del tempo nella quale il “genere” si è mosso e continua a muoversi, arriviamo a un caso eclatante di corretta trasmissione e scorretta interpretazione di questa parola: ci troviamo nella Francia del secolo scorso, in una scuola superiore, ad assistere a un dibattito vero e proprio tra insegnanti, genitori, sacerdoti e il Ministero dell’Istruzione circa un manuale di scienze biologiche. Il problema, se così lo si può chiamare, di questo testo era che spiegava ai ragazzi dell’ultimo anno della scuola superiore cosa fosse il “genere”, affrontando l’argomento da un punto di vista biologico, dato che il manuale era scientifico. Le prime remore circa il manuale vennero fuori a causa di una descrizione che era stata posta sotto alcune foto ritraenti coppie di uomini che si abbracciavano tra di loro, donne che si abbracciavano l’un l’altra, uomini e donne che si abbracciavano reciprocamente; la didascalia riferiva che era facile, quando qualcuno camminava per strada, capire di quale sesso fosse la persona, ma allo stesso tempo poneva l’interrogativo circa cosa significasse in realtà essere uomo o donna. La risposta alla domanda viene subito data, nel corso del manuale, da una grande sfilza di informazioni biologiche e scientifiche sull’argomento, ma allo stesso tempo vennero posti diversi interrogativi. In tutto il manuale, di circa una trentina di pagine, la parola “genere” (“genre” in francese) venne usata soltanto una volta: come termine tecnico utilizzato dai sociologi per definire l’identificazione sociale degli individui, in particolar modo l’attribuzione di un’identità sessuata da parte degli altri, ma anche la descrizione di sé stessi. In sociologia, l’identità di genere si riferisce al genere attraverso il quale una persona è riconosciuta socialmente, ma questo termine può anche riferirsi al genere che gli altri attribuiscono a qualcuno sulla base di ciò che sanno sugli indicatori sociali di genere, come abbigliamento, acconciatura, portamento, ecc. Nonostante nel manuale la parola “genere” venisse impiegata solo una volta, e in modo molto specifico e puntuale, è stato proprio questo il termine al centro di una polemica molto accesa tra l’opinione pubblica e il Ministero dell’Istruzione francese. Il ministro dell’Istruzione Luc Chatel ha mantenuto la sua posizione, dichiarando che: «La “teoria del genere” non è menzionata nel manuale. Il programma è centrato sui fenomeni biologici e studia la determinazione genetica del sesso e lo sviluppo umano dall’embrione all’adolescente. Integrando questi dati biologici, il programma inserisce in una dimensione sociologica la differenziazione sessuale che distingue l’identità dall’orientamento sessuale». Cosa ci fa capire, quindi, questo dibattito? Tutta la polemica sollevata attorno all’utilizzo del termine “genre” in un manuale per ragazzi dell’ultimo anno, ci mostra che, nonostante l’ampia diffusione del termine, i significati della parola “genere” sono ben lontani dall’essere stabiliti. Questo non dovrebbe sorprenderci più di tanto, perché le parole hanno storie e usi molteplici, hanno uno sviluppo e mutano nel tempo, così come muta la lingua, così come muta il pensiero: il termine “genere” è passato dall’essere un referente grammaticale a un termine che denota le relazioni tra i sessi; è diventato un luogo di contestazione, più sfuggente, un concetto controverso. La parola continua a essere usata dalle femministe ma, soprattutto negli ultimi anni, è diventato un termine di riferimento per tantissimi movimenti politici, provocando effetti molto diversi da quelli che le femministe avevano previsto: il significato della parola “genere” dipende da chi lo usa, dal contesto intorno al discorso, e dalle finalità del dibattito. In che modo, quindi, il suo impiego in ogni battaglia politica e sociale ha plasmato il suo significato? Sembra non esserci alcun terreno sul quale il “genere” possa poggiare senza destare polemiche, o senza far nascere insurrezioni culturali, e questo proprio perché i dibattiti sul genere sono sempre politici: le controversie determinate dall’incertezza terminologica hanno portato a una proliferazione di significati di “genere” che – per citare le parola di Barbara Johnson in un saggio del 1994 The wake of deconstruction - «ha superato i confini del controllo e della coerenza. È diventato qualcosa per cui combattere incessantemente». È su questo che dovremmo riflettere, perché il “genere” è la lente grazie alla quale abbiamo imparato a conoscere i significati di maschio e femmina, maschile e femminile: l’analisi di genere costituisce il nostro impegno critico nei confronti di questi significati e il tentativo di portare alla luce le contraddizioni e le instabilità di questi argomenti. Spesso, come abbiamo già detto, il problema non sta nella trasmissione di un fenomeno o di un dato, ma nelle percezione che noi abbiamo di questa tematica, perché è nel passaggio tra trasmissione e percezione che risiedono molti degli errori che si protraggono nel tempo; sta nella difficoltà di traduzione il problema, e sta nella non conoscenza del termine nella lingua madre, cosa che ci porta a tentare di dare disperatamente un senso a qualcosa che magari non può avere lo stesso significato in un'altra lingua. Quando il genere si presenta come una serie di domande su quello che ancora non sappiamo e quando le donne vengono considerate esse stesse come una costruzione, è allora che il genere diventa un modo di interrogare quelle fonti complesse che identificano le donne come meritevoli di attenzioni sia sul piano accademico che su quello politico. Judith Butler, in un saggio del 2004 chiamato Undoing Gender, afferma che: « La differenza sessuale rappresenta il luogo in cui si riformula l’interrogativo concernente la relazione tra il biologico e il culturale, dove deve e può essere posta questa domanda, ma dove non può, specificatamente parlando, trovare un risposta», ma è proprio il genere la risposta che cercavamo, infatti a causa di ciò è il luogo di perpetua contraddizione politica. Proprio per questo motivo il genere continua ad essere un utile strumento di analisi critica che, se utilizzato in quest’ottica ci porta a giungere a una nuova comprensione delle varie culture, società, storie e politiche che vogliamo analizzare: il genere diventa uno strumento per comprendere l’interazione dinamica dell’immaginazione, della regolamentazione e della trasgressione nelle società e nelle culture. Il “genere”, in ogni caso, resta sempre una questione aperta, ed è proprio quando pensiamo che sia stato definito che dobbiamo accorgerci di essere sulla strada sbagliata. - Ludovica Bernazza
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