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Gender Studies & Queer Culture

Madam President: la battaglia di Elizabeth Warren

1/5/2020

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Le ripercussioni all’indomani del ritiro

Elizabeth Warren, oggi senatrice democratica del Massachusetts, è originaria dell’Oklahoma, dove è cresciuta in una famiglia della piccola borghesia. Ha studiato nell’università pubblica e ha dedicato la sua carriera pre-politica ad analizzare il fenomeno della bancarotta nella classe media. Ha annunciato di candidarsi per la presidenza degli Stati Uniti il 9 febbraio 2019. Tra le sue innumerevoli e dettagliatissime proposte, si trovano anche dei piani per ridurre la mortalità tra le madri, per assicurare alle donne l’accesso all’assistenza sanitaria riproduttiva, per rinforzare i diritti e amplificare la voce della comunità LGBTQ+, per offrire alle famiglie un’assistenza sanitaria infantile accessibile dalla nascita all’età scolare e per valorizzare il lavoro delle donne di colore[1].
La notizia che la Warren sarebbe uscita dalle primarie democratiche ha causato un profluvio di reazioni in tutti gli Stati Uniti, reazioni che rasentano il lutto e che manifestano in ogni caso un malessere viscerale[2]. Dopo la sua rinuncia, sono rimasti in gara due anziani uomini bianchi. Nella conferenza stampa in cui ha annunciato la fine della sua campagna elettorale, con un sensibile nodo alla gola, la Warren ha detto di pensare a “tutte quelle bambine, che dovranno aspettare ancora quattro anni. Sarà difficile”[3].
Tanti tra i suoi sostenitori hanno descritto quanto sia stato significativo per loro vederla superare i suoi concorrenti, e hanno lodato le linee politiche di cui si era fatta portatrice. Altri hanno detto di essere rimasti delusi nel vedere che persiste la narrativa secondo la quale le donne sono meno eleggibili degli uomini, che le donne sono in ultima istanza inadeguate. In particolare, la delusione si è cristallizzata intorno al fatto che una candidata che è stata per qualche tempo in testa alla competizione abbia dovuto rinunciarvi, e che le questioni sulla sua eleggibilità in quanto donna non si siano mai dissipate del tutto. Molti infatti hanno visto nella Warren una candidata capace di infrangere delle barriere e un’ispirazione per le giovani donne che volessero entrare in politica in futuro. Alcuni si sono chiesti quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Ma prima di interrogarsi sul suo futuro, sarebbe forse il caso di dare un’occhiata a questi ultimi mesi, e alle ragioni che hanno causato il ritiro della Warren, così sofferto per tanti dei suoi sostenitori.

[1]
Tutte queste informazioni e altre più dettagliate sono disponibili su https://elizabethwarren.com/plans.
[2] Cf. per esempio l’articolo d Isabella Grullon Paz, ‘America Needs Her: Readers React to Elizabeth Warren’s Exit”, del 6 marzo 2020, https://nyti.ms/38v5k5y, e le dichiarazioni di Michelle Goldberg in All in with Chris Hayes del 5 marzo 2020.
[3] “And all those little girls who are gonna have to wait four more years. That’s gonna be hard”, Elizabeth Warren, 5 marzo 2020.
Foto
Elizabeth Warren tiene un comizio alla Sunset Station di San Antonio il 27 febbraio 2020. Credit: Joey Palacios

​Gli sviluppi durante la campagna

 
A un primo sguardo, il problema non sembra essere stato il curriculum della Warren, o le sue competenze effettive, che nessuno ha potuto seriamente contestare, o la sua capacità di comunicare con le persone. Sembra invece che l’ostacolo maggiore, che si è rivelato in fin dei conti insormontabile, sia stato una sorta di sessismo d’anticipo[1], di deferenza verso il supposto sessismo degli altri[2]: la convinzione che una donna non sarà mai presidente degli Stati Uniti, cosa che è prevedibilmente diventata una realtà. E nel diffondere questa convinzione, i media non sono sicuramente stati del tutto innocenti.
Infatti, negli innumerevoli dibattiti che hanno accompagnato questa stagione elettorale, la Warren si è sempre distinta in maniera estremamente positiva. Ma non c’è mai stato un riscontro sostanziale né nella stampa né nella televisione: erano in pochi a chiedersi quale sarebbe stato l’impatto del suo successo sul futuro della sua campagna. Quando ci sono state delle vittorie, non sono state celebrate con altrettanta enfasi di quelle dei suoi colleghi uomini, e quando ci sono state delle sconfitte, sono state interpretate come la conseguenza inevitabile della sua personalità invece che come un ostacolo temporaneo ma eventualmente superabile. La conseguenza, dal lato degli elettori, è stata una difficoltà concreta a identificarsi e a sentirsi parte di una comunità che semplicemente non veniva riconosciuta come tale, o veniva riconosciuta poco in relazione ai movimenti dietro gli altri candidati[3].
Il modo in cui la Warren si è approcciata alla sua candidatura è sempre stato accompagnato da un rifiuto di considerare il suo essere donna come qualcosa di cui scusarsi. Questa è stata in parte anche la ragione per cui nei dibatti ha avuto dei riscontri positivi, a partire dalla distruzione della campagna elettorale di Michael Bloomberg, di cui Warren si è fieramente assunta la responsabilità[4]. Bloomberg è un miliardario, ex-sindaco di New York, con alle spalle delle dubbie politiche razziali e una scia di accordi di non divulgazione destinati a nascondere altrettante accuse di molestie. Ebbene, Elizabeth Warren è la ragione per cui Bloomberg non ha potuto nascondersi dietro l’idea che i suoi abusi fossero soltanto degli “scherzi” a cui qualcuno aveva reagito male[5]. E nonostante la sua campagna elettorale sia ormai conclusa, i sostenitori della Warren si sono assicurati che le venisse almeno riconosciuto il merito di aver intaccato le patetiche scuse di Bloomberg, che in ultimo gli sono costate la candidatura.
In realtà, non esistono dati o prove di nessun tipo a sostegno della teoria che le donne non possono vincere in dei contesti politici complessi; per esempio, nel 2018, quando negli Stati Uniti ci sono state le elezioni per alcuni membri della Camera e del Senato, le donne hanno stravinto in tutto il paese. Ma il tarlo sessista non se ne va, e in un contesto elettorale si manifesta principalmente in un doppio standard, un doppio sistema di valori per la valutazione dei candidati. È chiarissimo se si guarda ad esempio il dibattito intorno al sistema sanitario: sia la Warren che Bernie Sanders hanno delineato dei piani che prevedono l’abolizione del sistema delle assicurazioni private in favore della gestione pubblica del settore della salute, una proposta a cui si fa riferimento solitamente con la locuzione di “Medicare for All”. Qualche tempo fa, Sanders ha dichiarato di non poter rendere conto di ogni dollaro necessario per finanziare il suo progetto[6], e la reazione generale sul lungo periodo è stata di una fondamentale indifferenza. La Warren ha pubblicato dei piani estremamente dettagliati in cui spiega chiaramente come sono finanziate tutte le sue proposte[7], ma non è bastato per fare la differenza. Questo non significa che la barra per Sanders è troppo bassa, ma che dovrebbe essere alla stessa altezza per tutti.
 
[1] Cf. l’articolo di Lizzie Widdicombe, The Rage and Sorrow of the Warren Supporter, del 7 marzo 2020, https://www.newyorker.com/news/campaign-chronicles/the-rage-and-sorrow-of-the-elizabeth-warren-supporter.
[2] Cf. l’articolo di Katha Pollitt, Mad about Elizabeth Warren, del 13 marzo 2020, https://www.newyorker.com/news/daily-comment/mad-about-elizabeth-warren.
[3] Cf. il contributo di Jess McIntosh nell’articolo di Elaine Godfrey, What Happened to Elizabeth Warren, del 5 marzo 2020, https://www.theatlantic.com/politics/archive/2020/03/warren-2020/607327/.
[4] In un’intervista con Rachel Maddow, andata in onda il 5 marzo 2020 nel Rachel Maddow Show.
[5] “None of [the women] accused me of doing anything, other than, maybe, they didn’t like a joke I told”, ha detto Bloomberg nel dibattito che si è tenuto il 19 febbraio 2020 in Nevada. Per più dettagli, cf. l’articolo di Nicole Einbinder, Mike Bloomberg made crass sexual remarks about women in the workplace as recently as 2014, according to a former executive, del 2 marzo 2020, https://www.businessinsider.fr/us/michael-bloomberg-crass-sexual-jokes-demeaning-comments-women-stint-mayor-2020-3.
[6] A Anderson Cooper, in 60 Minutes del 23 febbraio 2020, Sanders ha detto: “Well, I can’t, you know, I can’t rattle off to you every nickel and every dime. But we have accounted for… you talked about ‘Medicare for All’. We have options out there that will pay for it”.
[7] Per un resoconto più dettagliato del piano di finanziamento previsto da Warren per ‘Medicare for All’, cf. l’articolo di Tami Luhby, Gregory Krieg, MJ Lee e Leyla Santiago, Elizabeth Warren releases plan to fund Medicare for All, pledges no middle class tax hike, del 7 novembre 2019, https://edition.cnn.com/2019/11/01/politics/elizabeth-warren-medicare-for-all-financing-plan/index.html.
Foto
Elizabeth Warren e Michael Bloomberg durante il dibattito tenutosi a Las Vegas il 19 febbraio 2020. Credit: Mark Ralston

Il bilancio

 
Durante la conferenza stampa che ha concluso la sua campagna elettorale, la Warren è stata irremovibile sul ruolo che il sessismo ha avuto nel suo percorso degli ultimi mesi: “La questione del genere in questa stagione elettorale è la domanda-trabocchetto per tutti. Se dici che sì, c’è stato del sessismo, vieni accusata di essere una piagnucolona. E se dici che no, non s’è stato del sessismo, circa un milione di donne si chiedono su quale pianeta stai vivendo. Ma vi prometto questo: avrò molto da dire a questo proposito nel prossimo futuro”[1].

​[1] “Gender in this race, you know, that is the trap question for everyone. If you say, ‘Yeah, there was sexism in this race’, everyone says, ‘Whiner!’ And if you say ‘No, there was no sexism,’ about a bazillion women think, ‘What planet do you live on?’ I promise you this: I’ll have a lot more to say on that subject later on’, Elizabeth Warren, 5 marzo 2020.

Lucia Pasini
Foto
Elizabeth Warren parla ad un raduno il 3 marzo 2020 a Detroit. Credit: Seth Hierald
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